La fine del mondo (Der Weltuntergang), scritta nel 1935 da Jura Soyfer, è una commedia satirica che immagina i pianeti riuniti in congresso per decidere la sorte dell’umanità. Esausti dall’arroganza e dall’avidità degli uomini, li considerano una razza parassita e decretano l’invio di una cometa distruttrice per cancellarli dalla Terra. Il racconto dell’apocalisse diventa così un’allegoria ironica e feroce: gli uomini reagiscono con egoismo, paura e negazione, trasformando la catastrofe in un grottesco carosello di piccoli interessi e di meschine difese personali. Soyfer utilizza il linguaggio comico per smascherare l’incapacità collettiva di guardare in faccia la realtà e per denunciare il nostro rapporto distorto con la natura e con il potere.
Nato nel 1912 a Kharkov e cresciuto a Vienna, Jura Soyfer fu giornalista, autore di cabaret politico e militante socialista. Arrestato dal regime austrofascista e poi dai nazisti, venne deportato a Dachau e a Buchenwald, dove morì di tifo nel 1939, a soli 26 anni. La sua breve ma intensa opera teatrale resta una delle testimonianze più brillanti del teatro politico europeo, capace di unire satira e poesia in una scrittura di grande modernità.
In “La fine del mondo” questo principio diventa il motore di una drammaturgia che non propone vie di fuga, ma ci invita a riflettere sul senso della nostra responsabilità collettiva. La comicità, invece di addolcire il dramma, diventa il veicolo di una presa di coscienza che interroga lo spettatore, ricordando che il vero antidoto all’apocalisse è la lucidità dell’azione comune.