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Follìar

Platone diceva che il potere dell’arte sull’animo umano era così grande che avrebbe potuto da solo distruggere il fondamento stesso della città e tanto più a malincuore riteneva che andasse bandito.  Il destino dell’arte è ancora quello di cambiare la società ? Non dovrebbe far rimpiangere una bellezza perduta da poterla poi rivendicare nella vita di tutti i giorni?

L”arte della scena oggi serve a chi? A cosa?

Uno zio cieco e un cugino matto, nella loro stanza che poi è anche il loro bunker, hanno a che fare con una mosca, persi e soli, come nella notte dei tempi, ai confini di una galassia. In questa loro stanza c’è soltanto una piccola finestrella, che è il loro rapporto con il fuori, con la grande opera, l’opera del mondo, narrata dal cugino matto, il solo dei due ad avere la vista, in visioni di desolante e struggente bellezza.

Due illusionisti disillusi, due clown di beckettiana memoria vivono l’inutilità e la grandezza della loro scelta. Può sembrare un cul-de-sac, un baratro sublime ma nel finale accade qualcosa di inaspettato, tra utopia e ribellione forse i due trovano un nuovo approdo.