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Antigone

La tragedia di Sofocle rivive in un testo teatrale attualissimo e appassionato, che si interroga sul libero arbitrio, l’eutanasia, l’incerto confine tra legge della natura e legge dell’uomo, la detenzione nelle carceri, il suicidio come atto consapevole.


L’adattamento teatrale curato da Alessandro Castigliano, trae ispirazione dalla appassionata recentissima riscrittura del mito sofocleo ad opera della scrittrice napoletana Valeria Parrella, innestando nella partitura letteraria contaminazioni di varia estrazione per epoca e peculiarità degli autori: dall’originale di Sofocle ai testi di Tim Buckley passando per alcune opere di Manganelli, Shakespeare, Yourcenar, Whitman.


Antigone, è una giovane donna fiera e combattiva, che di fronte a un dolore che la sovrasta e a una legge che reputa ingiusta sceglie di non sottostare all’editto del Legislatore. Per amore del fratello Polinice, è disposta a muoversi dal mondo dei vivi a quello dei morti, consapevole di dover pagare le terribili conseguenze che questa decisione comporterà.


Antigone non proietta fuori di sé l’orrore, non rifiutala sua vicinanza, la sua coscienza anzi manifesta chiaramente che il male è nell’umano e chiama ad una responsabilità civile e soggettiva. Antigone è “la sorella che salva”, ma il suo amore per il fratello Polinice si amplia in un amore più universale, che riguarda l’umanità intera.


Nel dramma sofocleo Antigone viola l’editto di Creonte, re di Tebe, che vieta la sepoltura del fratello Polinice e paga con la sua vita quella trasgressione; nella riscrittura teatrale, l’eroina decide di staccare l’alimentazione artificiale che da tre anni tiene in vita, come un vegetale, suo fratello Polinice: “La vita è un soffio che esce, signore, non uno che entra” dichiara con fierezza. Così, l’eutanasia, l’accanimento terapeutico e il libero arbitrio entrano prepotentemente tra i versi della tradizione con tutta la loro rilevanza etica universale: è consentito ad un cittadino, sulla base della ragione morale, disobbedire ad una legge dello Stato?


“Quando al Legislatore manca la ragione, è il popolo che deve tornare a ragionare” afferma Antigone, ma Creonte, il re di Tebe è Il legislatore e senza esitare punisce la colpevole gettandola in carcere.
Una riflessione profonda sulla vita, sul coraggio di violare il nonsenso della Legge, sul modo di amare, oggi e in tutti i tempi. Antigone non si traduce mai in un testo qualunque. È una delle azioni durature e canoniche nella storia della nostra coscienza filosofica, letteraria e politica.


Photo Cristiana Folin