Top

Canto d’amore alla follia

Canto d’amore è un’opera poetica, è un lancinante dialogo (o forse un monologo che si riflette in due voci) tra un uomo e una donna, ovvero tra Sogno e Innamorata, ma forse semplicemente tra due creature che si intrecciano nelle possibilità dei corpi. Le parole sono invocazioni, ricordi, frammenti, sogni: hanno il peso della carne e del sangue, sono parole materiche, incessanti, povere e al tempo stesso alte.

In scena, Garzella gioca un’ironia sapiente, è quasi un luciferino “ragionatore” pirandelliano, è un folletto azzoppato, un satiro che non può correre: qualcuno, insomma, che si strugge di lontano, un bambino che il negozio di giocattoli sapendo che non gli è concesso entrare. Francesca Mainetti è emblema del femminile, e incarna con orgoglio una prospettiva tenendo a bada lo stereotipo e l’iconografia. È donna, vera e presente, che sa, che capisce il dramma in atto, ma non accetta di stare su un piedistallo.

Canto d’amore alla follia ha la forza di investigare temi aspri e dolenti, tante infinite accezioni di parole come diversità e normalità, handicap e abilità, bellezza e bruttezza, poesia e animalità, maschile e femminile.