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Vicolo del Precipizio

Cortona perla della Val di Chiana aretina, insieme a Torino, costituisce “il fondale” del romanzo in cui si muove il protagonista.


Tiziano, questo il suo nome, anni fa scrisse il suo primo e unico libro, una raccolta di storie intitolata I racconti della vecchia osteria e, convinto di voler diventare uno scrittore, lasciò Cortona per Torino, scontrandosi però con la dura realtà dell’editoria, fatta di compromessi, compiacenze reciproche, finte parole messe in bocca a scrittori famosi.


La fuga da Cortona cela però un’altra inquietudine, un malessere di vivere che Tiziano trascina con sé fin dall’adolescenza.


I suoi scheletri nell’armadio spingono per uscire e scriverne diventa quindi un bisogno ormai insostenibile e incontenibile. Per questo l’attività di ghost writer viene praticamente accantonata, mentre ogni notte il libro della sua vita, mai scritto prima, prende corpo, a dispetto delle insistenze della “macchina editoriale”, condensata dall’adattamento di Francesca Rivano nella figura dell’avvenente segretaria dell’editore che invano dispiega le proprie tattiche seduttive per entrare a far parte del gioco e indurre Tiziano alla pubblicazione congiunta del libro.


Il titolo “Vicolo del precipizio” rivela il nome di un luogo, una via di Cortona, al tempo stesso cara e deleteria allo scrittore, un epicentro di molti suoi ricordi, belli e brutti. Ai capitoli del libro che sta nascendo di notte in notte, si alternano le riflessioni di Tiziano, tormentato dagli incubi del passato. Il romanzo allude a qualche cosa che non è ancora stato confessato, un peso e un nodo alla gola che il protagonista inghiotte col progredire delle pagine che fino a oggi non ha mai avuto il coraggio di scrivere.


Tiziano, utilizza il libro come terapia d’urto contro il vissuto indimenticato e mai rinnegato fino in fondo, condividendone i momenti essenziali con lo spettatore che da pubblico diviene in qualche modo cittadino di Cortona e delle sue memorie raffigurate nei ruoli di Mimma e Battista, e insieme a Tiziano non riesce a prescindere dall’essere anche innamorato: del passato semplice e genuino, della giovinezza, della provincia, della Toscana, dei Padri che ci hanno dato la forza per essere quello che siamo. Ecco che la pièce, oltre a farci conoscere tante piccole verità ci accoglie in un ventre caldo, spesso conosciuto che ci offre la possibilità di essere al contempo fuori e dentro la narrazione; spettatori e invischiati, comunque trascinati in un precipizio che sembra essere profondo quanto tutta la nostra vita.


photo Cristiana Folin