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Il buio

Il buio si addice a Cormac McCarthy. Nella tradizione di un’oscurità che viene dall’Ecclesiaste, dal “King Lear”,  da “Lo straniero” di Albert Camus, siamo chiamati ad incontrare un mondo non solo abbandonato da Dio, ma anche da una riconoscibile causalità delle vicende dell’uomo. Gli esseri umani che popolano questa terra desolata, dove gli angeli temono di mettere piede, sono allegorie di una teodicea in cui  Adamo ed Eva concepiscono la stirpe umana nel peccato e la abbandonano alla sua indecifrabile sorte mentre il male compie la sua cavalcata selvaggia oscurando il sole. In scena, pietre scure, scabre e taglienti, pesano sul candore fragile dell’innocenza e dieci sedie rosse fanno da platea ai demoni che si compiacciono di contemplarla giurandole annientamento. Tocca agli attori la rivelazione. Il mistero non può essere compreso ma solo accettato , la cecità è grazia e la speranza va accudita nel profondo di ogni vivente. Colui che salva l’umanità può essere confuso coi demoni poichè le sue parole feriscono ed egli stesso è un paria destinato al sacrificio. La parabola dell’abbandono, presente in ogni cultura e in ogni epoca, allude all’uomo come alla creatura che può ribellarsi al seggio vacante del Creatore per realizzare pienamente il proprio potenziale spirituale. Cormac McCarthy edifica una struttura narrativa che si scontra con violenza con la vacuità delle narrazioni della modernità. I suoi riferimenti sono l’epica, La Bibbia, Faulkner, Steinbeck , Nietzsche. “Il Buio” ci mette davanti all’istante preciso in cui l’uomo che ha preso congedo dalla sua storia spirituale viene costretto a forza a confrontarsi con essa.  Il Tempo è uno spietato vendicatore , un cacciatore di taglie dalla cui cintura pendono gli scalpi degli uomini che hanno creduto di poter dimenticare la purezza.