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VENERE E ADONE

L’amore terrestre e quello divino nel disarmo di un destino ineluttabile, è il tema trattato da Shakespeare, Tiziano, Rubens, Canova, Carracci, Ovidio.., attraversando il mito nell’arte, come trattenendo il respiro. Un respiro-fotogramma, solo, fermato, definito, come a impedire che il racconto si possa compiere nel finale che già sappiamo. È forse la speranza che si possa vincere il destino, dando all’Arte il compito di sfidare il tempo e trattenerlo Sospenderci nella tenerezza.

Tra quelli contenuti nelle Metamorfosi di Ovidio è certamente uno dei più sorprendenti: il corpo di Adone in terra svanisce nell’aria fresca del mattino e dal suo sangue in terra spunta un fiore bianco e rosso. Lo si potrebbe percepire come un “mito della primavera”, il mito della rinascita. Venere e Adone è la storia di ferite mortali, di baci sconfitti che non sanno, non riescono a farsi corazza, difesa.

Anche Amore non può nulla. Anche Amore è incapace; è sfinito, è logoro, è vecchio. Sconfitto. Eppure, cadendo, fa un volo infinito.